Le “violazioni” di cui il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non si preoccupa

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Palästinensische Bereitschaftspolizei in Ramallah blockiert Demonstranten nach dem Tod des palästinensischen Aktivisten Nizar Banat, der nach seiner Verhaftung durch die Sicherheitskräfte der Palästinensischen Autonomiebehörde am 24. Juni 2021 starb. Foto IMAGO / ZUMA Wire
Palästinensische Bereitschaftspolizei in Ramallah blockiert Demonstranten nach dem Tod des palästinensischen Aktivisten Nizar Banat, der nach seiner Verhaftung durch die Sicherheitskräfte der Palästinensischen Autonomiebehörde am 24. Juni 2021 starb. Foto IMAGO / ZUMA Wire
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Su richiesta dell’Autorità Palestinese (AP), il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è stato nuovamente convocato per tenere una sessione sulle “violazioni” e sulle “aggressioni” compiute da Israele contro i palestinesi. L’Ap ha inoltre chiesto che il Consiglio di Sicurezza discutesse del presunto “assedio” israeliano in corso nella Striscia di Gaza, governata da Hamas.

di Khaled Abu Toameh

Tali sessioni del Consiglio di sicurezza sono diventate di routine e quasi sempre finiscono con dichiarazioni di denuncia contro Israele dopo aver ascoltato le lamentele da parte di funzionari dell’Autorità Palestinese sulle presunte “violazioni” e sulle “aggressioni” compiute da Israele.

Tuttavia, durante la riunione del Consiglio di Sicurezza, che si è tenuta la scorsa settimana, non è stata detta una parola sulle violazioni dei diritti umani e sulle aggressioni commesse dall’AP in Cisgiordania e da Hamas nella Striscia di Gaza.

Il Consiglio di Sicurezza non ha sentito parlare di più di 75 utenti palestinesi di social media, attivisti politici e giornalisti che sono stati arrestati dalle forze di sicurezza dell’AP in Cisgiordania solo nelle ultime settimane.

Questi arresti sono la risposta alle diffuse proteste per la morte dell’attivista anticorruzione Nizar Banat, il quale, secondo quanto riferito, è stato picchiato a morte da agenti di sicurezza palestinesi che hanno fatto irruzione nella sua casa di Hebron.

Il Consiglio di Sicurezza non ha ascoltato le testimonianze di molti di coloro che sono stati arrestati dalle forze di sicurezza dell’AP né è stata informata sui dettagli sulle varie forme di tortura a cui sono stati sottoposti durante la loro detenzione. Le donne sono state trascinate per i capelli, sottoposte a molestie sessuali e picchiate con manganelli dagli agenti di sicurezza dell’AP. Alcune delle manifestanti e dei giornalisti si sono lamentati del fatto che gli agenti li hanno picchiati e hanno anche rubato loro i telefoni cellulari e le macchine fotografiche per impedirgli di documentare le proteste contro la morte di Banat.

[Nizar] Banat, l’attivista noto per le denunce contro la corruzione e fervente critico della leadership dell’AP, sarebbe stato picchiato a morte il 24 giugno da più di 20 agenti di sicurezza palestinesi.

È trascorso più di un mese dal suo brutale omicidio, ma il Consiglio di Sicurezza non ha trovato il tempo per occuparsi di questo grave episodio. Per quale motivo fino ad ora il Consiglio di Sicurezza non ha tenuto una sessione d’emergenza per condannare la leadership palestinese? Perché Banat è stato ucciso dagli ufficiali di sicurezza dell’AP, e non dai soldati israeliani.

Alla vigilia della riunione del Consiglio di Sicurezza, l’AP ha intensificato la repressione delle libertà pubbliche, compresa quella dei media, evidentemente come parte di un tentativo di mettere a tacere i suoi critici e impedire al mondo di conoscere le misure repressive messe in atto dalle forze di sicurezza palestinesi contro la propria popolazione.

Agenti di sicurezza palestinesi sono stati inviati a chiudere gli uffici di J-Media, un’agenzia di stampa privata palestinese a Ramallah, di proprietà del giornalista Ala al-Rimawi. Il motivo ufficiale fornito per la chiusura era che l’agenzia non disponeva di una licenza rilasciata dal Ministero dell’Informazione palestinese. Rimawi, invece, è stato arrestato alcune settimane fa dalle forze di sicurezza dell’AP con l’accusa di aver partecipato a proteste per l’uccisione di Banat e di aver “insultato” alti funzionari palestinesi.

Inoltre, alla vigilia della riunione del Consiglio di Sicurezza, il presidente dell’AP Mahmoud Abbas ha licenziato il direttore della Biblioteca Nazionale Palestinese, Ehab Bessaiso, per aver pubblicato commenti sui social media in cui criticava l’uccisione di Banat.

Bessaiso, un ex ministro della Cultura dell’AP, aveva scritto sulla sua pagina Facebook in merito all’uccisione dell’attivista:

“Nulla giustifica un crimine. Uccidere una persona è un crimine, non importa quanto vago, ambiguo ed emotivo possa sembrare il quadro. La differenza di opinione è uno spazio di interazione, discussione, libertà, rabbia, riflessione, sviluppo e correzione. Le differenze di opinione non sono un’epidemia, una situazione di emergenza o una giustificazione per spargimenti di sangue e istigazione all’odio”.

La chiusura dell’agenzia di stampa e il licenziamento del direttore della Biblioteca nazionale palestinese sono fatti che ovviamente non rivestono alcun interesse per il Consiglio di Sicurezza o per le organizzazioni internazionali per i diritti umani.

I giornalisti palestinesi che vivono sotto l’AP in Cisgiordania continuano a lamentarsi di essere regolarmente presi di mira e intimiditi dalle forze di sicurezza palestinesi. Quest’accusa, tuttavia, non è ovviamente considerata dal Consiglio di Sicurezza o dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come una violazione dei diritti umani o un’aggressione. Come mai? I perpetratori sono palestinesi, non israeliani.

La Coalizione Palestinese per la Responsabilità e l’Integrità (AMAN) ) ha affermato di aver ricevuto informazioni da funzionari pubblici dell’AP che hanno raccontato di essere stati minacciati e intimiditi per aver espresso le proprie opinioni in pubblico.

“Alcune istituzioni pubbliche hanno minacciato verbalmente di licenziamento molti membri del personale”, ha dichiarato AMAN. “Questi abusi riguardano qualsiasi funzionario pubblico che esprime commenti sui social network o partecipa ad assemblee pacifiche, denunciando la morte dell’attivista politico e sociale Nizar Banat”.

Il gruppo ha affermato di aver inviato una lettera al primo ministro dell’AP Mohammad Shtayyeh sottolineando l’importanza di depoliticizzare la pubblica amministrazione e renderla neutrale. “Il diritto di ogni palestinese alla libertà di opinione e di espressione dovrebbe essere rispettato”, si legge nella lettera. “AMAN e le organizzazioni della società civile stanno monitorando gli sviluppi che interessano le libertà pubbliche in tutta la Palestina, in particolare dopo l’assassinio dell’attivista politico e sociale Nizar Banat”.

Ovviamente, il monito lanciato da AMAN e da altri gruppi palestinesi che si battono a favore dei diritti umani non è arrivato al Consiglio di Sicurezza né alle pagine dei principali giornali occidentali.

Il Consiglio di Sicurezza e il resto della comunità internazionale continueranno a ignorare non solo ciò che l’AP sta facendo alla propria popolazione in Cisgiordania, ma anche le violazioni dei diritti umani commesse da Hamas nella Striscia di Gaza.

Le vittime palestinesi e i gruppi per i diritti umani possono continuare a gridare quanto vogliono, ma le loro voci e le loro lamentele non raggiungeranno mai le sale o i corridoi delle Nazioni Unite a New York.

Senza dubbio, il Consiglio di Sicurezza non ha sentito parlare del caso di Emad Al-Tawil, un palestinese di 27 anni morto il 25 giugno dopo essere stato picchiato dagli agenti di sicurezza di Hamas. Tawil era residente nel campo profughi di Nuseirat, nella Striscia di Gaza.

La Commissione Indipendente Palestinese per i Diritti Umani (ICHR) ha chiesto a Hamas di indagare sulle circostanze della sua morte.

Secondo l’ICHR, il 25 luglio, intorno alle 16:00, una quarantina di poliziotti di Hamas si sono recati nella casa di Hosni Al-Tawil, nel campo di Nuseirat.

Secondo testimoni, “una quindicina di agenti sono entrati nell’abitazione hanno iniziato a perquisirla minuziosamente per circa un’ora. Durante la perquisizione, i membri della famiglia Al-Tawil si sono assemblati all’esterno della casa, cercando entrare, ma la polizia glielo ha impedito, e ha poi aggredito Emad Abdul Aziz Al-Tawil spintonandolo, picchiandolo, prendendolo a pugni e colpendolo con bastoni in tutto il corpo”.

Circa 30 minuti dopo che i miliziani se n’erano andati, Al-Tawil ha iniziato a lamentare dolori al petto e difficoltà a respirare. Dopo aver vomitato, i membri della sua famiglia lo hanno portato in una clinica vicina, dove è stato dichiarato morto.

“L’ICHR ritiene che il comportamento dei poliziotti e le violenze ingiustificate contro i cittadini richiedano un’indagine seria per garantire l’attuazione e il rispetto della legge e l’adozione delle decisioni necessarie affinché il personale di polizia rispetti i diritti umani”, ha dichiarato l’associazione.

Il Consiglio di sicurezza, le organizzazioni internazionali per i diritti umani e i giornalisti molto probabilmente disconoscono il caso di Hassan Abu Zayed, un palestinese di 27 anni della Striscia di Gaza, ucciso a colpi di arma da fuoco dalle “guardie di frontiera” di Hamas, il 23 luglio. Abu Zayed era in auto con due suoi amici quando i miliziani di Hamas hanno aperto il fuoco contro di loro con il pretesto che non si erano fermati a un posto di blocco.

L’ICHR ha chiesto un’indagine penale approfondita. Il gruppo ha inoltre chiesto a Hamas di consentire agli attivisti per i diritti umani di visitare gli amici del defunto, che sono stati detenuti da Hamas e che sono i principali testimoni dell’episodio.

Allo stesso modo, il Consiglio di sicurezza non è mai stato chiamato a tenere una sessione di emergenza per discutere il caso di Shadi Nofal, 41 anni, morto durante la detenzione di Hamas, il 5 luglio.

Secondo un comunicato dell’ICHR, la salute di Nofal è peggiorata ed è stato trasferito all’ospedale dei martiri di Al-Aqsa, dove è stato sottoposto a rianimazione cardiaca prima di essere ricoverato nel reparto di terapia intensiva. Due giorni dopo è stato dimesso ed è rimasto sotto osservazione. È stato ricondotto in prigione e la mattina del 5 luglio è stato nuovamente ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale dei martiri di Al-Aqsa, dove è stato dichiarato morto.

Le violazioni dei diritti umani palestinesi e la repressione di attivisti politici e di giornalisti vengono ignorate non solo dall’ONU, ma anche dall’amministrazione Biden.

Invece di esercitare pressioni sui leader palestinesi affinché smettano di imprigionare, torturare e uccidere la propria popolazione, l’amministrazione Biden sta, assurdamente, cercando modi per rafforzare la leadership dell’Autorità Palestinese.

Sembrerebbe che agli occhi dell’amministrazione Biden, rafforzare i leader dell’Autorità Palestinese significhi permettere agli agenti di sicurezza palestinesi di picchiare a morte gli attivisti politici, trascinare le donne per i capelli per le strade di Ramallah e imprigionare e intimidire i giornalisti. I membri del Consiglio di Sicurezza, nel frattempo, portano la loro ingiustificata ossessione per Israele a nuovi livelli mentre i palestinesi vengono condotti in prigione o al cimitero per mano dell’Autorità Palestinese e di Hamas.

Khaled Abu Toameh è un pluripremiato giornalista che vive a Gerusalemme. È Shillman Journalism Fellow al Gatestone Institute.