Quale futuro per gli arabi palestinesi?

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Der ehemalige Präsident der Vereinigten Staaten Barack H. Obama und der ehemalige Vizepräsident Joe R. Biden während der Amtseinführung von Präsident Donald Trump im U.S. Capitol Building, Washington, D.C. am 20. Januar 2017. Foto Lance Cpl. Cristian Ricardo - https://www.dvidshub.net/image/3117249/58th-presidential-inaugural-ceremony, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=56081757
Der ehemalige Präsident der Vereinigten Staaten Barack H. Obama und der ehemalige Vizepräsident Joe R. Biden während der Amtseinführung von Präsident Donald Trump im U.S. Capitol Building, Washington, D.C. am 20. Januar 2017. Foto Lance Cpl. Cristian Ricardo - https://www.dvidshub.net/image/3117249/58th-presidential-inaugural-ceremony, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=56081757
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I recenti accordi di pace di Israele con tre Paesi musulmani richiedono nuove importanti valutazioni della posizione strategica del Paese. Ciò dovrà essere effettuato in concomitanza con una nuova verifica dei suoi obiettivi politici, ma finora molto poco di tutto questo è diventato di dominio pubblico in Israele.

Analisi di Manfred Gerstenfeld

Sarebbe un grave errore se le autorità israeliane non riflettessero in parallelo anche su ciò che questi cambiamenti potrebbero significare per il futuro degli arabi palestinesi. Solo valutando cosa potrebbe accadere nei territori di questi nemici, Israele può scegliere al meglio le proprie azioni. I produttori di buonismo, in particolare nel mondo occidentale, continuano a ripetere il loro trito e mal ponderato pensiero con dei mantra, di cui il più frequente è: “Nonostante l’accordo di pace, Israele dovrà ancora negoziare con i palestinesi una soluzione a due Stati.” Una delle posizioni più incresciose è stata presa dalla persona che potrebbe presto essere il vicepresidente democratico degli Stati Uniti, Kamala Harris. Lei ha annunciato in un’intervista all’American Arab News che sotto un’amministrazione Biden, gli Stati Uniti rinnoveranno i loro legami con l’Autorità Palestinese. Il che non è così problematico. Ma, oltre a questo, Harris ha affermato che l’amministrazione Biden si opporrà “alle azioni unilaterali israeliane che minano una soluzione a due Stati.”  Una delle sue peggiori dichiarazioni è quella secondo cui l’amministrazione Biden prenderà misure immediate per ripristinare “l’assistenza economica e umanitaria.” In pratica questo si traduce nel fatto che gli Stati Uniti daranno di nuovo denaro all’Autorità Palestinese, che premia finanziariamente gli assassini di israeliani – o le loro famiglie se i terroristi vengono uccisi.

Anche Douglas Emhoff, il marito ebreo di Harris, non è esente da colpe: si è impegnato a convincere gli elettori ebrei a votare per i democratici, pur sapendo che sua moglie vuole premiare gli assassini di ebrei. Anche l’assistenza finanziaria americana ai palestinesi li aiuterà a mantenere il loro fronte del rifiuto. Alcuni produttori di buonismo più estremisti pensano che una soluzione a due Stati potrebbe richiedere anche più di una generazione. È importante capire quanto una tale idea sia aberrante, quanto sia sostanziale un errore di valutazione in un mondo dinamico in cui i cambiamenti avvengono di continuo, e considerare l’idea che questo approccio sarà quello dominante per decenni. Molte altre possibilità sono diventate sempre più possibili grazie agli accordi di pace con Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Sudan. Sulla loro scia, sono aumentate le critiche arabe alle azioni e all’atteggiamento dei palestinesi e in particolare alla loro leadership: in alcuni circoli arabi non è più tabù parlare della corruzione dilagante tra i capi al vertice e della loro mancanza di interesse per il destino della popolazione araba palestinese. Potrebbero esserci cambiamenti nella scelta di finanziare i palestinesi da parte di Paesi come gli Emirati Arabi Uniti e forse anche l’Arabia Saudita. Perché dovrebbero continuare a finanziare i corrotti del fronte del rifiuto? Tuttavia, altri Paesi come il Qatar potrebbero continuare a dare fondi, mentre Iran e Turchia continueranno a istigare l’odio nei confronti di Israele. Un’altra questione importante da considerare è se ci saranno cambiamenti importanti nella stessa società palestinese. Saranno ascoltate le principali voci alternative? 

Al tempo della seconda Intifada, i leader locali palestinesi avrebbero voluto essere i negoziatori con Israele in quello che divenne noto come il processo di Oslo. Eppure hanno dovuto dare la priorità alla figura opprimente di Yasser Arafat. Quanto è traballante la situazione di Abbas, un uomo di 84 anni? È stato eletto per un mandato di 4 anni come Presidente dell’Autorità palestinese, e ora è al suo quindicesimo anno in questa posizione. È plausibile che l’Anp si disintegrerà in seguito agli accordi di pace? In varie città dell’Autorità palestinese, i clan e le tribù locali sono potenti. È immaginabile che Israele si trovi quindi a confrontarsi, invece che con l’Anp, con un numero di tali leader locali? Ciò potrebbe creare un’interessante opportunità per Israele. Da diversi anni, lo studioso Mordechai Kedar ha promosso l’idea degli “emirati” palestinesi: invece di uno Stato palestinese, sostiene che dovrebbero essere create un certo numero di entità tribali palestinesi locali. Questa sta diventando una possibilità sempre più concreta. Significherebbe anche la morte della soluzione dei due Stati. Secondo i sondaggi c’è anche un rilevante sostegno nella società palestinese per uno scontro violento con Israele. La politica di Hamas non è poi così diversa da quella dei terroristi musulmani che recentemente hanno di nuovo assassinato vittime in Europa. Tutte queste persone pensano che l’Islam sia l’unica ideologia / religione valida e che debba conquistare il mondo con la spada. Ma c’è ancora un altro fattore: se ci saranno disordini nell’Autorità palestinese e a maggior ragione, se addirittura si arriverà al caos, la Giordania ripenserà alla sua posizione nei confronti della “Cisgiordania”? Naturalmente, è tutt’altro che ideale per i giordani assumersi la responsabilità di un numero ancora maggiore di arabi palestinesi di quanti ne abbia già nel proprio Paese. In una situazione molto instabile, potrebbe dover scegliere tra alternative non facilmente accettabili. Sono possibili anche altri accordi con l’aiuto arabo o con quello internazionale, ad esempio l’autonomia palestinese con stretti rapporti con la Giordania. C’è una chiara possibilità che ci sarà una spinta verso una „soluzione di uno Stato unico“ da parte dei palestinesi. Sarebbe estremamente imprudente se Israele seguisse i desideri dei suoi annessionisti più estremi perché ciò renderebbe possibile la soluzione di uno Stato unico. Ciò significherebbe la fine dello Stato ebraico. 

Oggi in Israele c’è una massiccia opposizione alla soluzione di uno Stato unico e si spera che rimanga tale. Col passare del tempo, è probabile che avremo più indizi su ciò che si sta sviluppando nella società palestinese e in quale direzione potrebbe andare. Tuttavia, si può usare tutto questo a vantaggio di Israele solo se si inizia a tracciare, anche se in modo molto approssimativo, il percorso di ciò che può avvenire. Questa dovrebbe essere una parte essenziale dello sviluppo della strategia di Israele.

Manfred Gerstenfeld è stato insignito del “Lifetime Achievement Award” dal Journal for the Study of Antisemitism, e dall’ International Leadership Award dal Simon Wiesenthal Center. Ha diretto per 12 anni il Jerusalem Center for Public Affairs. Prima pubblicazione in italiano a cura di Informazione Corretta. Traduzione di Yehudit Weisz.