L’insulto ‘Stato paria’ come strumento di aggressione contro Israele

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Die UNO-Vollversammlung stimmte über einen Bericht des Sonderausschusses für Politik und Entkolonialisierung über das Hilfswerk der Vereinten Nationen für Palästina-Flüchtlinge im Nahen Osten (UNRWA) ab. Der Bericht wurde mit 165 Ja-Stimmen, 2 Nein-Stimmen und 9 Enthaltungen angenommen. Foto UN Photo/Eskinder Debebe
Die UNO-Vollversammlung stimmte über einen Bericht des Sonderausschusses für Politik und Entkolonialisierung über das Hilfswerk der Vereinten Nationen für Palästina-Flüchtlinge im Nahen Osten (UNRWA) ab. Der Bericht wurde mit 165 Ja-Stimmen, 2 Nein-Stimmen und 9 Enthaltungen angenommen. Foto UN Photo/Eskinder Debebe
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Nella battaglia verbale contro Israele viene utilizzata un’ampia gamma di campi semantici, che insieme creano un formidabile fronte di attacchi attraverso il linguaggio. Queste espressioni devono essere studiate una per una. E’ questo l’unico modo possibile per capire come vengono usate e di conseguenza come Israele dovrebbe affrontarle. Si può cominciare con un’espressione estrema, usata raramente. Una proposta concreta in merito era stata presentata alle Nazioni Unite (ONU). 

Analisi di Manfred Gerstenfeld

L’esempio più perverso venne creato da qualcuno che non ha neppure usato le parole “Stato paria”. L’autore è stato l’avvocato Michael Lynk, relatore speciale del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Aveva tenuto una conferenza stampa nel 2017 alle Nazioni Unite in cui affermava che l’organizzazione doveva “rivedere lo status di Israele come membro rispettoso della legge delle Nazioni Unite”, dichiarando illegale la sua occupazione. Lynk disse che una tale mossa avrebbe isolato Israele a livello internazionale, costringendolo a porre fine alla sua occupazione dei territori palestinesi. Aveva anche affermato che un cambiamento epocale nell’atteggiamento di Israele nei confronti dei palestinesi, potrebbe essere ottenuto ponendo fine alle molte forme di cooperazione economica, accademica e di altro tipo con Israele.  Lynk propose una risoluzione dell’Assemblea Generale per chiedere alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia di emettere un parere consultivo sullo status di Israele. Aveva basato le sue osservazioni su un precedente. Nel 1971, la Corte Internazionale di Giustizia aveva emesso un parere consultivo secondo cui l’amministrazione sudafricana della Namibia era illegale. Lynk disse che trattare con Israele era più facile che con la Corea del Nord perché Israele dipende dal commercio internazionale con gli Stati Uniti e con l’Europa. In termini legali non esiste un’occupazione israeliana della Cisgiordania. Non c’è mai stato uno Stato palestinese lì. Israele ha conquistato l’area dalla Giordania, la cui sovranità è stata riconosciuta solo dal Regno Unito e dal Pakistan.

La Cisgiordania è legalmente “territorio conteso”. Anche le posizioni di Lynk sono antisemite.  Si adattano perfettamente alla definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA).  Fornisce un esempio di questo odio come così: applicare doppi standard a Israele richiedendogli un comportamento non previsto o richiesto da qualsiasi altra nazione democratica. Per aggiungere la beffa al danno, Lynk aveva chiarito che la sua posizione non era contro Israele. Hillel Neuer, Direttore esecutivo dell’Organizzazione per i Diritti Umani (UN Watch) con sede a Ginevra, aveva reagito dicendo: “Secondo qualsiasi definizione di diritti umani, moralità e logica, se il signor Lynk è un osservatore dei diritti umani delle Nazioni Unite per i territori palestinesi, allora deve occuparsi delle torture dell’Autorità Palestinese e di Hamas, gli arresti arbitrari commessi contro il loro stesso popolo, gli accoltellamenti palestinesi, gli attacchi di speronamento con autoveicoli e le sparatorie perpetrate contro degli israeliani”.  Un altro grande aggressore verbale anti-Israele è Omar Barghouti. È cofondatore e importante promotore della campagna del BDS contro Israele. In un’intervista del 2016 Barghouti ha affermato che Israele sta lentamente diventando uno “Stato paria”. Ha precisato che lui aderisce ad un unico Stato laico democratico a ovest del fiume Giordano. In questo contesto, dice, i palestinesi devono ottenere dei risarcimenti. Inoltre, i rifugiati della Naqba e quelli post 1967 dovrebbero essere autorizzati a tornare alle loro case. Bargouti sostiene inoltre che agli arabi dovrebbe essere consentito di vivere senza la minaccia della violenza.  Anche Ariel Gold, che è ebrea, è tra coloro che hanno usato questa espressione. È co-direttrice di Code Pink, un’organizzazione di base guidata da donne che lavora per porre fine alle guerre e al militarismo degli Stati Uniti e sostenere iniziative per la pace e i diritti umani. Gold ha detto che Israele sarebbe diventato uno “Stato paria” perché blocca lei e gli altri attivisti. Eppure questo ha senso in quanto il movimento Code Pink sostiene il BDS. Il noto giornalista americano, Jeffrey Goldberg, ha ascoltato le riflessioni di Obama, dove si evince la possibilità che Israele diventi uno “Stato paria”. Ha scritto a questo proposito: “E se Israele, un piccolo Stato in una regione inospitale, diventa sempre più un paria – uno che riesce ad alienarsi persino il sostegno degli Stati Uniti, il suo ultimo amico fedele – non sopravvivrà. L’Iran rappresenta una minaccia a breve termine per la sopravvivenza di Israele ; Il comportamento stesso di Israele ne costituisce una a lungo termine”.  Goldberg ha intervistato Obama in modo approfondito. Il modo in cui riporta i pensieri di Obama è un’indicazione della mentalità molto distorta del Presidente riguardo al Medio Oriente. L’elezione di Donald Trump come successore di Obama a Presidente degli Stati Uniti e le sue successive azioni nei confronti di Israele hanno dimostrato che Israele è tutt’altro che uno Stato paria. In ogni caso, la cosa più deplorevole è quando questa espressione di estremo incitamento all’odio viene usata da fonti ufficiali israeliane.

Nel 2016, il Direttore generale del Ministero Israeliano per gli Affari Strategici ha affermato che Israele è percepito come uno “Stato paria” nella comunità internazionale.  Ci si può solo chiedere quanta comprensione ci sia sulla nozione di strategia in quel ministero. Anche se fosse vero, un funzionario israeliano non dovrebbe fare una simile dichiarazione. Se il Ministero avesse solo considerato i molteplici e vari contatti internazionali che Israele ha e la collaborazione nella ricerca e in molti altri campi con i leader mondiali, il Direttore generale avrebbe capito che coloro che percepiscono Israele come uno “Stato paria” hanno una visione con il paraocchi. È innegabile che abbia molti nemici e la battaglia verbale contro gli israeliani è varia e molto forte. A questi nemici di Israele si uniscono compagni di viaggio che possono partecipare a questi attacchi. Questo è in gran parte possibile perché il governo israeliano non è in grado di contrastare sufficientemente la propaganda contro di sè. Principalmente grazie alle politiche del Presidente Trump, la situazione di Israele è ulteriormente migliorata. Ora Gerusalemme è riconosciuta dagli Stati Uniti come la capitale di Israele. Il candidato presidenziale democratico Joe Biden ha già detto che lascerà lì l’ambasciata americana. Israele – anche grazie a Trump – ha ora rapporti diplomatici con altri due Stati arabi. Le relazioni con loro potrebbero diventare migliori che con i loro predecessori, l’Egitto e la Giordania. Il termine “Stato paria” come espressione contro Israele non è stato ampiamente utilizzato. Tuttavia questa analisi può essere usata come modello per una ricerca più dettagliata di altre espressioni di odio usate contro Israele.

Manfred Gerstenfeld è stato insignito del “Lifetime Achievement Award” dal Journal for the Study of Antisemitism, e dall’ International Leadership Award dal Simon Wiesenthal Center. Ha diretto per 12 anni il Jerusalem Center for Public Affairs. Prima pubblicazione in italiano a cura di Informazione Corretta. Traduzione di Yehudit Weisz.