Come Israele dovrebbe difendersi dalla Corte Penale Internazionale

0
IStGH-Chef-Anklägerin Fatou Bensouda (links) trifft am 2. Dezember 2019 den palästinensischen Aussenminister Riyad al-Maliki. Foto Internationaler Strafgerichtshof Den Haag.
IStGH-Chef-Anklägerin Fatou Bensouda (links) trifft am 2. Dezember 2019 den palästinensischen Aussenminister Riyad al-Maliki. Foto Internationaler Strafgerichtshof Den Haag.
Lesezeit: 6 Minuten
Nel 1998, un gruppo di leader mondiali aveva adottato un trattato, conosciuto come lo Statuto di Roma, per istituire la Corte Penale Internazionale (CPI). Dato l’elevato numero di atrocità perpetrate nel mondo, sembrò essere giustificata la creazione di una corte internazionale indipendente atta a giudicare i criminali di guerra impuniti. Questa corte indipendente doveva giudicare e condannare i responsabili di crimini di guerra. La CPI con sede a L’Aia, nei Paesi Bassi, ha iniziato le sue attività nel 2002. Nel marzo del 2014, Forbes scrisse che nei 12 anni del suo operato, la corte aveva raggiunto un totale di sole due condanne. Entrambi gli accusati erano signori della guerra congolesi. Il secondo era stato addirittura assolto dalle accuse più gravi nei suoi confronti. A quel punto la CPI aveva già accumulato spese per 1 miliardo di dollari.
 

Analisi di Manfred Gerstenfeld

 
Secondo un linguaggio comune è inesatto definire la Corte Penale Internazionale un “tribunale”. Una descrizione migliore sarebbe “una struttura di allenamento per la professione forense, che raramente condanna un criminale di guerra”. Dal il 2014, era evidente che la CPI, dati i suoi scarsi risultati, era un clamoroso fallimento. Ha sprecato enormi quantità di denaro pubblico con la falsa pretesa di condannare un gran numero di criminali di guerra impuniti. Nel 2018, il Washington Post scrisse che la CPI aveva portato a termine nove casi nella sua intera storia. Due di questi hanno dato luogo a condanne e uno alla dichiarazione di colpevolezza. Undici altri casi erano ancora sotto inchiesta. La corte aveva speso altre centinaia di milioni di dollari a partire dal 2014. Per il 2020, la CPI ha richiesto un budget di oltre 160 milioni di dollari. Impiega 900 dipendenti di cui 18 sono giudici. Se il rapporto tra costi della CPI e numero di avvocati impiegati, rispetto alle condanne e alle indagini fosse normale per i tribunali, nel mondo quasi nessuna giustizia sarebbe fatta. Oltre ad essere inefficiente, la CPI ha altri importanti limiti. Tutti gli indagati finora provenivano da Paesi africani. Tuttavia, da quando è stata istituita la corte, centinaia di migliaia di persone molte altre parti del mondo sono state assassinate o cacciate dai loro Paesi a seguito di crimini di guerra. La CPI non si è occupata di nessuno dei loro casi. Inoltre, per essere credibile, un tribunale internazionale dovrebbe impiegare procuratori e giudici di Stati democratici. L’attuale presidente della CPI è Chile Eboe-Osuji della Nigeria, uno Stato che la Freedom House considera non democratico e solo parzialmente libero, e dove la corruzione politica rimane endemica. Miliziani e funzionari della sicurezza violano costantemente i diritti umani dei nigeriani e le libertà civili in Nigeria sono minate da pregiudizi religiosi ed etnici. Fatou Bensouda, Procuratore Capo della CPI viene dal Gambia: Freedom House afferma che lo stato di diritto in quel Paese non è consolidato, e non lo considera uno Stato democratico. Bensouda è stata Ministro della Giustizia e Procuratore Generale del Gambia tra il 1998 ed il 2000 sotto il Presidente Yahya Jammeh, che aveva preso il potere con un colpo di stato: è considerato un brutale dittatore e ha rubato ingenti somme di denaro al suo Paese. La CPI non è neppure indipendente. L’ex ambasciatore israeliano in Canada, Alan Baker, già consigliere legale del Ministero degli Affari Esteri israeliano e attualmente presso il Center for Public Affairs di Gerusalemme, scrive: “Concedere parte del finanziamento della CPI al potere politico dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite mina e pregiudica qualsiasi pretesa di indipendenza della Corte. Il finanziamento della CPI, come qualsiasi altra azione che richieda l’approvazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, è, necessariamente, un processo guidato dagli interessi politici ed economici dei suoi membri e soggetto a contrattazione politica che è scollegata dalle esigenze della Corte. Nonostante le migliori intenzioni dei suoi fondatori, l’indipendenza e l’imparzialità della Corte furono viziate sin dall’inizio, dal suo collegamento costituzionale con le Nazioni Unite”.
 
Quando il Procuratore della CPI richiese di indagare sugli operatori dell’esercito e dei servizi segreti americani che avevano prestato servizio in Afghanistan, la Corte della CPI si oppose all’unanimità. La Casa Bianca fece allora una dichiarazione clamorosa: “Gli Stati Uniti si sono costantemente rifiutati di unirsi alla Corte a causa dei suoi ampi e incalcolabili poteri accusatori; per la minaccia che pone alla sovranità nazionale americana e per altre carenze che la rendono illegale. Qualsiasi tentativo di colpire il personale americano, israeliano o alleato con un’azione penale, verrà accolto con una risposta rapida e vigorosa”. In precedenza gli Stati Uniti avevano annunciato che non sarebbe stato rilasciato alcun visto al personale della CPI che indagasse sul loro Paese. E’ tenuto conto di quanto detto sopra, che si dovrebbe valutare l’annuncio di Bensouda, secondo cui la CPI intende indagare su presunti crimini di guerra tra israeliani e palestinesi. Tale indagine è da considerarsi un’azione sia legale che politica. Anche le immediate reazioni di Israele a questa minaccia, erano legali e politiche. Quella legale era per addetti ai lavori. I ministeri degli Affari Esteri e della Giustizia israeliani si occupano da tempo della possibilità di un’azione anti-israeliana della CPI e hanno anche preso contatti con la CPI sulla questione. Il Procuratore Generale Avihai Mandelblit ha dichiarato: “Solo gli Stati sovrani possono delegare la giurisdizione penale alla Corte Penale Internazionale. L’Autorità palestinese chiaramente non soddisfa i criteri”. Ed ha aggiunto: “La Corte non è stata istituita per tali scopi, né ha l’autorità né la capacità di determinare tali questioni, specialmente in assenza del consenso delle parti.” Baker ha dichiarato: “Solo gli Stati sovrani possono appellarsi alla Corte e non esiste uno Stato palestinese sovrano con territorio sovrano su cui la Corte possa estendere la propria giurisdizione.”
 
Dal punto di vista politico, tuttavia, le reazioni di Israele sono state strane. Il governo avrebbe potuto preparare da molti mesi una forte reazione politica. Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il Ministro della Difesa Naftali Bennett hanno accusato la Corte di “antisemitismo”. Questo potrebbe essere anche vero, se si applica la definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Association (IHRA) alla decisione della Corte, tuttavia è in gran parte irrilevante. L’antisemitismo non è il campo di battaglia su cui dovrebbe essere condotta la campagna politica israeliana contro la CPI. Scegliere la questione israelo-palestinese tra dozzine di altri casi che necessiterebbero, di gran lunga di più, di indagini da parte della CPI, è stata una decisione politica fortemente distorta. E’ al fine di acquisire maggiore rilevanza che la CPI ha dovuto allontanarsi dall’Africa e che Bensouda ha reputato che Israele sarebbe stato un obiettivo vincente. La CPI si è quindi autoproclamata un avversario politico di Israele, se non un suo nemico. Questa non è la prima volta che Israele si trova di fronte a organismi internazionali che mascherano programmi politici dietro una procedura pseudo-legale. Un esempio è stato il parere consultivo della Corte di Giustizia Internazionale del 2004 sulla barriera di sicurezza israeliana. Un altro aveva riguardato il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (UNHRC), che ha poi conferito alla Commissione Goldstone un mandato tendenzioso per indagare sulle azioni di Israele, ma non sui terroristi di Hamas. Da un punto di vista strategico, la CPI dovrebbe essere affrontata come un nemico. In questo modo Israele dovrebbe concentrarsi sul divulgare il più ampiamente possibile che le insufficienze della Corte superano di gran lunga i suoi meriti. La procedura di esposizione sarà molto più rapida se Israele mobiliterà il maggior numero possibile di alleati che sono giunti a una simile conclusione, compresi gli Stati Uniti. Questa visibilità negativa della CPI le arrecherà rapidamente molto più danno di quanto essa possa fare con la sua indagine sul conflitto israelo-palestinese.
 
Manfred Gerstenfeld è stato insignito del “Lifetime Achievement Award” dal Journal for the Study of Antisemitism, e dall’ International Leadership Award dal Simon Wiesenthal Center. Ha diretto per 12 anni il Jerusalem Center for Public Affairs. Prima pubblicazione in italiano a cura di Informazione Corretta. Traduzione di Yehudit Weisz.