Germania: gli estremisti del diritto di parola sono alleati dei neonazisti?

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Foto Twitter, @Infozentrale
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Più sono evidenti gli sviluppi del neonazismo in Germania, più ci si rende conto che devono essere valutati in modo ancora più critico. “Mai più” riferendosi alla Shoah è uno slogan popolare ma logoro. Se le autorità tedesche avessero appreso tutte le lezioni necessarie, come avrebbero dovuto, avrebbero vietato le manifestazioni postbelliche del neonazismo anche se questo poteva significare un limite alla libertà di parola.  

Analisi di Manfred Gerstenfeld

A fine ottobre 2019, il consiglio comunale della capitale della Sassonia, Dresda, ha votato a favore di una risoluzione dal titolo “emergenza nazista”. Dichiarazione verbale, soprattutto  simbolica, che però significava che bisognava fare di più contro il neo-nazismo. La città è stata  per un certo numero di anni  un letto accogliente dell’estrema destra. È la culla del movimento anti-islamico Pegida (europei patrioti contro l’islamizzazione dell’Occidente). Dal 2014 a Dresda si sono tenuti raduni neonazisti. I democratici cristiani di Angela Merkel hanno votato nel consiglio comunale contro questa risoluzione di emergenza nazista. Lo stato della Sassonia è stato anche una roccaforte dell’estrema destra, il partito democratico nazionale della Germania (NPD) il cui manifesto contiene espressioni neonaziste.   Le marce di neonazisti, o di alleati di estrema destra,  non si limitano a Dresda.

Slogan antisemiti e/o anti-israeliani sono frequenti. Come a Dortmund, dove la sera del 30 settembre, 70 neonazisti hanno organizzato una marcia gridando slogan del tipo: “La Palestina ci aiuta, Israele esiste ancora”. La polizia non ha permesso a un centinaio di dimostranti  di ostacolare la Marcia dei neo nazisti.  Dopo le denunce della polizia, un tribunale ha proibito lo slogan: “Qui marcia la resistenza nazionale”.   Da quella data in poi, ogni lunedì i neonazisti manifestano a Dortmund. La polizia aveva proibito l’uso dello slogan “Mai, mai, mai più Israele”, ma i  neonazisti hanno fatto appello alla corte e hanno vinto sia in prima che in seconda istanza. Il tribunale amministrativo superiore di Münster ha deciso che lo slogan non costituiva istigazione.   Anche nell’agosto 2018, ci sono state due marce a Dortmund,  testimoni hanno riferito che sono stati gridati slogan antisemiti, ma la polizia non è intervenuta. Dopo le critiche, la polizia ha risposto che erano state  poste precise condizioni ai manifestanti, tuttavia il tribunale di Münster le aveva annullate.    Sempre nell’ ottobre 2019, mille persone hanno manifestato a Berlino sotto uno striscione titolato  “We for Germany”. Hanno gridato contro i manifestanti: “Se vogliamo, vi uccidiamo”. I filmati pubblicati dal Forum ebraico per la democrazia e contro l’antisemitismo (JFDA) mostrano però che l’evento era in realtà una marcia neonazista.   Di nuovo a Berlino, centinaia di neonazisti hanno manifestato nell’agosto di quest’anno  per commemorare il 31 ° anniversario della morte del leader nazista Rudolf Hess. Portavano striscioni con su scritto “Non rimpiango nulla”. La polizia in tenuta antisommossa ha cercato di impedire ai neonazisti di marciare nel centro città.  

Nell’aprile di quest’anno c’è stata una marcia dell’ estrema destra a Magdeburgo che ha coinvolto 150-200 partecipante. Il numero è diminuito nel corso degli anni. Nel 2012 erano 1200 e 500 nel 2018.   Nel febbraio 2019, i neonazisti, senza il permesso delle autorità, hanno marciato a Norimberga nell’ex campo del NSDAP,il partito nazista.  Stavano con le torce sulla stessa piattaforma dove Hitler teneva I discorsi. La polizia non è intervenuta. Il ministro degli interni bavarese, Joachim Herrmann (CSU), ha dichiarato che il comportamento della polizia “non è stato molto corretto. In futuro, tali iniziative dovranno essere vietate”. A questi esempi si possono aggiungere altre marce neonaziste nel 2018 e nel 2019  a Duisburg, Plauen e Köthen.  

L’esigenza di limitare l’incitamento alla violenza richiamandosi alla libertà di parola  è emersa anche in un’ altra occasione.  Il 17 maggio 2019, il parlamento tedesco, il Bundestag, ha adottato una mozione che equipara il BDS all’antisemitismo. In risposta, 240 studiosi masochisti ebrei e israeliani hanno scritto una lettera che respinge questa equivalenza. Hanno invitato il governo tedesco a non approvare la mozione e a proteggere e rispettare la libertà di parola, anche se nemmeno cento anni fa le libere espressioni di odio  in Germania hanno dato origine agli atti criminali più estremi contro gli ebrei.   Un altro critico della risoluzione anti-BDS del Bundestag è stata Michelle Bachelet, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani. Il suo portavoce ha dichiarato: “La decisione interferisce in modo sproporzionato con il diritto delle persone di esprimere opinioni politiche in Germania, in particolare per esprimere sostegno al movimento BDS in Germania”. Anche cinque relatori delle Nazioni Unite hanno firmato questo messaggio. Uno di questi è Michael Lynk, relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi. La sua dichiarazione lo classifica come “antisemita” secondo la definizione di antisemitismo IHRA. Se Bachelet vuole criticare le illimitate e inesorabili limitazioni dell’espressione di opinioni politiche da parte di membri dei Paesi dittatoriali delle Nazioni Unite ha solo l’imbarazzo della scelta.   L’unico modo per informare completamente sui fallimenti del governo tedesco nell’agire contro aggressori di ebrei e Israele è quello di fornire tutti I dettagli  nelle aree interessate in cui avvengono. Un altro fallimento riguarda la mancanza di protezione di molte sinagoghe, che divenne evidente nel fallito massacro nella città di Halle. La Germania consente al movimento genocida Hezbollah di organizzare marce e gestire moschee. Sostiene altresì molte risoluzioni  anti-israeliane dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

La Germania è il più grande importatore di antisemiti musulmani in Europa e mantiene stretti rapporti con il  regime genocida dell’ Iran. Più si indaga sulla Germania, più risulta evidente il quadro negativo dei suoi leader democratici. 

Manfred Gerstenfeld è stato insignito del “Lifetime Achievement Award” dal Journal for the Study of Antisemitism, e dall’ International Leadership Award dal Simon Wiesenthal Center. Ha diretto per 12 anni il Jerusalem Center for Public Affairs. Prima pubblicazione in italiano a cura di Informazione Corretta. Traduzione di Angelo Pezzana.