L’ideologia palestinista impedisce la ‘soluzione dei due stati’

0
Foto
Foto "We haten elkaar meer dan de Joden: Tweedracht in de Palestijnse maatschappij"
Lesezeit: 5 Minuten
E’ raro incontrare politici e media stranieri intenti a interrogarsi sul perché i palestinesi non insorgano contro i propri leader a favore di un accordo di pace con Israele. Molti “esperti” stranieri affermano che la popolazione palestinese vuole uno stato indipendente che prospererà pacificamente accanto Israele, un mito che viene anche diffuso da una parte della sinistra israeliana, che può essere definita “nazional-masochista”. A molte altre nazioni in cerca di indipendenza non è mai stato offerto uno stato.

 

Analisi di Manfred Gerstenfeld

La Spagna, ad esempio, membro della democratica Unione europea, non vuole concedere l’indipendenza alla Catalogna. Ai curdi nel sud-ovest asiatico- che ammontano a circa 30 milioni – non è mai stato offerto uno stato indipendente. Al contrario, i precedenti leader israeliani hanno offerto uno Stato più di una volta ai leader palestinesi. Nel 2000 il Primo Ministro israeliano Ehud Barak fece a Camp David – all’epoca Bill Clinton era il Presidente degli Stati Uniti- una proposta di vasta portata al leader dell’Autorità Palestinese Yasser Arafat, offrendo ai palestinesi il controllo del Monte del Tempio, il sito più sacro dell’ ebraismo. Anche questa proposta è stata respinta da Arafat. Nel 2008 il Primo Ministro israeliano Ehud Olmert e il leader dell’Autorità Palestinese Mohamed Abbas hanno discusso una proposta di accordo. Il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat – presente alle trattative – ha dichiarato alla televisione palestinese che Olmert accettando tutte le richieste dell’AP, aveva offerto ad Abbas persino più dell’intera area della Cisgiordania. Eppure Abbas ha respinto questa proposta. Erekat aveva consigliato Abbas di accettarlo. La questione del perché i palestinesi non insorgano contro i loro leader a favore della pace con Israele è particolarmente rilevante in questo momento: in vari paesi la gente marcia contro i propri governanti rischiando la prigione e spesso la vita per una società democratica.

Un esempio attuale è la Russia. Nonostante la brutalità da parte dei servizi di sicurezza, i manifestanti pacificamente continuano a marciare soprattutto a Mosca contro il divieto di candidarsi dei leader dell’opposizione. Hong Kong è un altro esempio. L’affermazione che insorgere contro i leader per una società democratica era possible, era partita dalla Tunisia. Nel 2010, il venditore di frutta, Mohamed Bouazizi, si è dato fuoco nella sua città, Sidi Bouzid. Le proteste contro il governo tunisino sono iniziate da quel momento, diffondendosi poi in molti altri paesi arabi, passando alla storia come “primavera araba”. Una delle risposte alla domanda di cui sopra è che la popolazione palestinese ha paura, una risposta ampiamente fuorviante per una serie di motivi, partendo dal fatto che i palestinesi sono disposti a rischiare la vita per una causa: uccidere israeliani, compresi i civili. L’Autorità Palestinese ha reso questo rischio, anche gratificante dal punto di vista finanziario, infatti paga gli assassini con ingenti quantità di denaro se Israele li processa e condanna. Se non sopravvivono ai loro attacchi, il denaro va ai familiari. Un esempio è l’attacco terroristico del 2001 alla pizzeria Sbarro di Gerusalemme, in cui furono uccisi quindici israeliani. Gli assassini, o le loro famiglie, hanno finora ricevuto oltre 900.000 dollari Usa dall’Autorità palestinese. Tra le vittime c’erano cinque membri della famiglia di origine olandese Schijveschuurder. Altri due membri della stessa famiglia vennero feriti. I pagamenti agli assassini sono stati indirettamente resi possibili anche dal governo olandese che continua a sovvenzionare l’Autorità palestinese, che con quel denaro rimpingua il bilancio della AP. Vi sono ulteriori prove del fatto che la popolazione palestinese non cerca l’indipendenza. Nell’unica elezione parlamentare palestinese nel 2006, Hamas ha ottenuto la maggioranza assoluta. Questo movimento promuove il genocidio contro gli ebrei. Secondo il Carter Center dell’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, le elezioni sono invece state “aperte e oneste”. Grazie allo storico e giornalista olandese Els van Diggele,che ha vissuto per un anno nei territori palestinesi intervistando ampiamente sia in Cisgiordania che a Gaza, sappiamo molto sul dissenso nei territori palestinesi. Il suo libro del 2017 -intitolato “Ci odiamo più degli ebrei”, disponibile solo in olandese, sostiene che ci sono palestinesi in disaccordo con l’Autorità Palestinese e con Hamas, per questo vengono incarcerati.

Nessuno, invece, ha rischiato il carcere per aver sostenuto l’accettazione delle offerte israeliane di uno stato palestinese. Dal suo libro in poi si può dedurre che la pace con Israele apparentemente non è qualcosa per cui valga la pena correre rischi personali. In un’intervista autorizzata, Van Diggele ha dichiarato: “Guardando la società palestinese, attraverso la lente della storia ne ho dedotto che c’è stato un secolo di stagnazione, distruzione e una battaglia di potere combattuta all’interno delee popolazioni palestinesi. Nessuno ha chiesto loro nulla. Questo atteggiamento corre come un filo conduttore attraverso la società palestinese. Un esempio forte è l’uscita forzata dell’ex primo ministro Salam Fayyad. Ho parlato con lui, un politico moderato e anche con i dirigenti di Hamas. La voce moderata non può avere spazio e successo nella società palestinese. Fayyad ha voluto creare uno stato ordinato collaborando con Israele” ha aggiunto. “Uno stato non è solo un nostro diritto ma anche un nostro dovere. Abbiamo bisogno di legge, ordine, disarmo e lotta contro la corruzione. ” ha poi affermato. I palestinesi non lo volevano. Preferivano la resistenza, così Abbas ha cancellato il nome di Fayyad. ” C’è solo una conclusione razionale a quanto sopra. Creare un secondo stato palestinese oltre alla Giordania su quello che un tempo era il territorio del mandato britannico – forse con Gaza separata, un terzo – che molto probabilmente non porterà alla pace. Il risultato più probabile sarà una piattaforma più forte per i nemici palestinesi di Israele, pronta per diffondere più odio e violenza.

Manfred Gerstenfeld è stato insignito del “Lifetime Achievement Award” dal Journal for the Study of Antisemitism, e dall’ International Leadership Award dal Simon Wiesenthal Center. Ha diretto per 12 anni il Jerusalem Center for Public Affairs. Prima pubblicazione in italiano a cura di Informazione Corretta. Traduzione di Angelo Pezzana.